La nostra storia

Il gruppo “Gli Archi del Grande Falco” è nato ufficialmente nel 2017, ma già l’anno prima ne vennero buttate giù le basi. Un giorno andammo, in due, a fare una gara di tiro con l’arco medievale. Ne rimanemmo affascinati e volemmo così creare anche all’Elba una realtà di tiro esclusivamente con arco storico e vestito medievale. Così ci rivolgemmo alla Lam, la Lega Arcieri Medievali, e partecipammo alla nostra prima gara a Figline Valdarno. Eravamo in due, con uno stendardo di plastica. Ma quel giorno nacquero gli “Archi del Grande Falco”. Con il colore bianco del cielo e quello blu del mare.

La nostra prima gara LAM con lo stendardo di plastica

Doveva essere una realtà amatoriale, ma poi sempre più persone si avvicinarono incuriosite e chiesero informazioni per tirare con l’arco storico. E… si innamorarono perdutamente di questo sport. Ecco perché abbiamo adottato questo motto, che abbiamo scritto anche nelle nostre magliette: “Arcieri storici abbestia!!!”, descrivendo così in modo elbano e toscano se vogliamo, la nostra passione per l’arco di legno o storico e quello che racchiude questo mondo, fatto anche di Rievocazioni.

Così racconta Patrizio Bolano, presidente del gruppo:

«Quelli della mia generazione, qui all’Elba, sono cresciuti con le fionde, le capanne improvvisate coi lenzuoli e gli archi fatti con i ramoscelli. Erano gli anni in cui in televisione c’erano i film western, con i cowboy e gli indiani. Il primo arco che mi costruii era un ramo di castagno lungo 80 centimetri. Talmente grande che non riuscivo nemmeno a tenderlo tutto e per frecce usai le stecche di un vecchio ombrello. Avevo 9 anni. Ho dei ricordi bellissimi».

«Nel 2000 mi avvicinai al tiro con l’arco moderno, iscrivendomi all’associazione Arcieri del Mare, iniziando così il mio percorso personale con il tiro con l’arco».

«L’anno dopo il paese di Suvereto organizzò una gara medievale a squadre, e ne presi parte con altri due amici e colonne dell’arcieria elbana: Stefano Giacomelli e Daniela Brambilla. Fu una gara affascinante e in più la nostra squadra elbana, formata da noi tre, vinse il titolo e questo lasciò una traccia e un sogno dentro di me, che fu quello di creare anche per l’Elba una tradizione medievale arcieristica e di rievocazione».

Il nome

Il “grande falco” è la poiana. Durante il Medioevo noi elbani eravamo grandi ammaestratori di falchi. Li catturavamo e li addomesticavamo. Poi venivano i fiorentini e i pisani a comprarli: i falchi erano importanti perché servivano per la caccia. Inoltre catturavano i topi, e quelli erano i tempi della peste. Poi ai nobiluomini piaceva possederli, perché rappresentavano un lusso. Tant’è che i comuni dell’isola che fornivano i falchi non pagavano le tasse.

Cosa insegna questo sport

Insegna disciplina, concentrazione. Implica la necessità di avere metodo. Ogni movimento deve essere pensato. Corpo e mente devono essere in sintonia. Solo allora si può scoccare la freccia perfetta. Insegna, come ogni sport, l’aggregazione sociale e la possibilità di far fare sport a tutta la famiglia, visto che non ha limiti d’età. In più, visto che facciamo gare non solo di campionato elbano ma anche nazionali e nelle piazze e nei borghi più belli, di poter girare e conoscere la cultura italiana.